I N I Z I O T O P I C |
bert |
Posted - 14/08/2014 : 23:54:05 L’argomento introdotto da Andre nel topic “Conservazione stampe su carte opache” mi sembra di straordinario interesse. Per non eccedere in OT propongo un nuovo capitolo specifico. Anche questo è un modo alternativo per passare il Ferragosto. Consentitemi quindi qualche considerazione volta ad integrarne alcuni aspetti del discorso di Andre, che sostanzialmente condivido. Dunque, Andre dice che ogni stampa in camera oscura, ove siano effettuati interventi anche solo tonali, è sempre diversa dalle altre perché il processo di modifica deve essere attuato volta per volta. Mi pare che questo sia vero sino ad un certo punto. Lasciamo da parte i “ritocchi” che i fotografi di un tempo applicavano direttamente sul negativo con la mattoleina e che consentivano ristampe identiche senza ulteriori interventi, così come non consideriamo le manipolazioni estreme del “pittoricismo”; veniamo piuttosto al nostro “Moonrise”. Questa è una delle fotografie più note e, secondo alcuni, una delle più commercializzate. Ne ho viste molte copie, in diversi formati; nelle aste di fotografia di Sotheby non mancano quasi mai: Poiché sono tutte eguali, credo che siano state stampate da un controtipo ed abbiano poi avuto, negli anni, una tiratura quasi industriale. Dato il carattere sacrale di questa “icona”, mi sembra però strano che possano circolare stampe a contatto così pedestri, con le luci completamente bruciate e le ombre grigie e confuse. Si tratta di un negativo di grande formato (20 x 25 cm stando alla scala in basso) che non è stato certo stampato con la furia e l’incuria di una paparazzata in 35 mm. E’ evidente comunque il lavoro di camera oscura, che credo sia però partito da una base di ben diversa e più compiuta qualità. (del resto, possiamo bene pretenderla dal profeta del sistema zonale!). E adesso veniamo al digitale. Qui sappiamo che si può fare di tutto e che, una volta modificata un’immagine, la si può stampare “n” volte. Però a me capita che quando faccio una ristampa a distanza di qualche tempo mi ritrovo di fronte a risultati notevolmente diversi: sono cambiati gli inchiostri, la carta, i driver, i software, le tarature. Nella mia esperienza, ogni volta sono necessari aggiustamenti. Quanto poi alla soluzione dell’archiviabilità mediante backup non scopro certo io che la rapida decadenza dei sistemi pone dei problemi molto grossi. Nel mio piccolo, ho tanti documenti – testi ed immagini - a suo tempo salvati su floppy che, se non li avessi pazientemente trasferiti di volta in volta da un sistema all’altro, non sarei più in grado di leggere. Siamo certi che fra una ventina d’anni i nostri CR, NEF, ARW, DNG eccetera saranno ancora utilizzabili? Ecco , mi pare di avere svolto il ruolo di gatto nero con sufficiente zelo e passo quindi ai più cordiali convenevoli. Umberto |
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Luca Vecoli |
Posted - 16/08/2014 : 12:19:53 Michele: il mio era solo il tentativo di spostare ogni tanto il discorso sulla cultura della fotografia con un'opinione personale che per altro, se leggi con attenzione, è identica alla tua in fatto di "tiratura" delle fotografie. Comunque, te lo dico con rispetto, hai ragione si scrive backup. |
Michele Volpicella |
Posted - 15/08/2014 : 22:00:02 Van Gogh ha dipinto non so quante volte la sua stanzetta col lettino. Idem Magritte con i suoi meravigliosi "Empire des Lumières" Canaletto non ne parliamo. E così via. Inoltre ci sono da "sempre" le litografie numerate proprio come le stampe di oggi. L'equazione non è rarità=artisticità=valore commerciale, ma bensì solo rarità=valore commerciale, posto che ci sia il valore artistico che non dipende però dalla rarità. Quindi, e te lo dico con rispetto, non capisco davvero qual è il tuo punto.
PS si scrive backup.
Stampatore Fine Art www.slowprint.it |
Luca Vecoli |
Posted - 15/08/2014 : 15:17:30 Io mi sento di sottoscrivere in pieno le problematiche sollevate da Umberto perché sono serie e toccano, se analizzate, il succo della fotografia che a differenza, che so io, delle sculture di bronzo (anche quelle si ottengono da negativi che si chiamano comunemente forme) è figlia della rivoluzione industriale e quindi del mondo delle macchine. Ora, se le macchine non consentissero una costanza nella ripetibilità delle operazioni, che macchine sarebbero? Quindi, non c'è da meravigliarsi del fatto che "meccanizzata" elettronicamente la camera oscura e la stampa si riesca a riprodurre una serie di copie tutte uguali. Qui si è parlato di ciò come un pregio. Sicuramente è di utilità poter rifare le stampe all'evenienza. Ma non tutti la vedono in questo modo. L'idea stessa del vintage indica che ciò che si sta acquistando non è una ristampa. Le gallerie non ne vogliono sapere di ristampe. Anzi si sforzano di far credere che le fotografie in commercio sono artistiche proprio perché esistenti in copie limitate. Insomma l'equazione sarebbe scarsità di copie = artisticità = maggior valore commerciale. Ora siccome io sono un fotografo e non un artista che si autodefinisce tale, (un mio amico dice che bisogna sempre vedere se si è fotografi o artisti che usano la fotografia) non me ne può fregare di meno. Però siccome il sistema è vulnerabilissimo (pensate che gli affreschi di Pompei hanno resistito al Vesuvio mentre i CD o le memorie si deteriorano da sole!!) vorrei pensare al beck up dei miei lavori sotto forma di stampa. Non ho interesse a credere nell'ibernazione dei RAW in vista di tempi migliori, anche perché non mi va di far stampare le mie fotografie ad uno stampatore che verrà e non saprà nulla delle ragioni per cui io fotografo e quindi non ci capirà un cavolo. Per cui in effetti secondo me il lato stampa è più importante dell'illusione di un beck up eterno. La stampa la faccio io e poi si deteriora, ma almeno che non si deteriori soltanto a toccarla. Insisto qui c'è un punto debolissimo in tutto il sistema produttivo con cui si lavora oggi. Le carte all'argento di un tempo se trattate e ben lavate con cura duravano sicuramente molto e si maneggiavano facilmente. Le carte matt attuali poi sono veramente, secondo me, troppo delicate. Non sarebbe male migliorarle. Poi va bene, anche le stampe rovinate, se il fotografo è bravo sono interessanti lo stesso. Non da ultimo: per me le fotografie sono un'immagine ottenuta fotograficamente e riportata su carta. Le fotografie nel monitor non mi dicono un fico!! |
andre_ |
Posted - 15/08/2014 : 10:46:55 Citazione: Postato da bert ...; veniamo piuttosto al nostro “Moonrise”…. … Dato il carattere sacrale di questa “icona”, mi sembra però strano che possano circolare stampe a contatto così pedestri, con le luci completamente bruciate e le ombre grigie e confuse. … E’ evidente comunque il lavoro di camera oscura, che credo sia però partito da una base di ben diversa e più compiuta qualità. ...
Stando alle parole dello stesso Adams (prima che cominciasse a ricamarci sopra ), invece mi sembra piú che ovvio che il negativo di partenza sia di quella qualitá, "media" a volere essere buoni. L'enorme lavoro in darkroom é palese, come é palese che le luci fossero davvero bruciate in partenza (infatti non sono recuperabili). Inoltre il troppo osannato sistema zonale (mio personale pensiero) é fatto apposta per cercare di mantenere tutti i dettagli possibili, quindi conservativo sulle ombre (che in negativo sono luci, quindi potenzialmente bruciate). Non mi sorprende che il negativo di partenza non abbia neri profondi.
Ma leggendo le stesse parole di Adams (1), molto probabilmente lui stesso ha fatto un errore di valutazione della luminositá della scena in prima istanza (1), valutando in 3EV la differenza tra il background ancora illuminato dal sole e la scena in primo piano (2).
Insomma, il negativo non perfetto ci sta, come ci sta una matrice fatta sul lavoro in darkroom da cui sono state fatte le copie. Si parla di 1300 copie fatte solo da lui personalmente… (3) Impensabile fossero tutte con il megalavoro partendo dalla semplice copia della lastra originale. a_
P.S. Ricordiamoci che quella foto non é scattata praticamente di notte, come si tende a credere, ma alle quattro del pomeriggio di un giorno di novembre in una localitá all'altezza di Catania. (4)
Note e fonti: (1) "It was made after sundown, there was a twilight glow on the distant peaks and clouds. The average light values of the foreground were placed on the "U" of the Weston Master meter; apparently the values of the moon and distant peaks did not lie higher than the "A" of the meter. . . . Some may consider this photograph a "tour de force" but I think of it as a rather normal photograph of a typical New Mexican landscape. Twilight photography is unfortunately neglected; what may be drab and uninteresting by daylight may assume a magnificent quality in the halflight between sunset and dark." Wikipedia - http://en.wikipedia.org/wiki/Moonrise,_Hernandez,_New_Mexico
(2) Manuale dell'esposimetro di cui parla (Weston) - http://www.cameramanuals.org/flashes_meters/weston_650.pdf
(3) Ancora Wikipedia
(4) di Cicco, Dennis. "Dating Ansel Adams' Moonrise". Sky & Telescope (November 1991): 529–33.
www.justnuances.com |
rosario_ge |
Posted - 15/08/2014 : 10:43:42 Umberto, mi pare proprio un tema ferragostano... Ho controllato per curiosità la data di nascita del file TIFF e scoperto che risale , inalterato, al 1992 ... Direi che 22 anni , nell' era digitale, sono una bella garanzia; il file DNG è più giovane di circa 12 anni. Non avendo dato particolari segni di stanchezza, immagino dureranno ancora a lungo. I backup sono una seccatura micidiale ma inevitabile; con un minimo di disciplina sei abbastanza tranquillo. Ho provato ad archiviare foto e cataloghi su DVD appunto da archivio, con resine long lasting e foglia d'oro ma dopo un pò mi sono stufato. Vuol dire che se arriverà la tempesta solare del millennio e tutti i supporti magnetici andranno in fumo , resteranno le stampe ma a quel punto ci saranno altri problemi di cui preoccuparsi... Buon Ferragosto a tutti (qui intanto più che quella solare imperversa quella meteo)
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